icerbox Forbus Vichinghi by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

Re Olav II di Norvegia parla alla Thing

Le sentenze andavano dalla pena di morte all’esilio, quest’ultimo grave quasi quanto il primo perché consentiva a chiunque di ucciderti e passarla franca. Le parti potevano rappacificarsi pagando delle ammende o, in altri casi, affrontandosi in holmgang, un duello a singolar tenzone.

Niente di nuovo sotto il cielo rispetto alle epoche successive, se non fosse che tra il sistema legislativo norreno e il nostro si apre un abisso.

Poco fa si è fatta menzione di alcuni tra i principali insulti vichinghi, dove abbondano riferimenti a ‘buono a nulla’, ‘pigro’, ecc. Mantenendosi su questa linea, constatiamo come il furto fosse ritenuto l’azione più ignobile che un individuo potesse commettere, in quanto chi rubava doveva necessariamente occultare le proprie azioni e, quindi, mancava di assumersene le responsabilità.

L’episodio di un furto ci viene descritto in una saga islandese, la Grettis. Il protagonista di questa storia, Gretti, è un poeta fuorilegge condannato all’esilio e alla solitudine nel deserto per vent’anni. Per sopravvivere, il disgraziato finisce per rubare delle pecore a un pastore, ma è colto in flagrante e condannato alla morte per impiccagione1.

Questa pena capitale era rara nella Scandinavia norrena e giudicata particolarmente infamante. La decapitazione era invece un metodo di esecuzione piuttosto frequente e, dai documenti giunti fino a noi, di norma adoperato per eliminare gli schiavi insubordinati.

L’omicidio era un crimine meno grave rispetto al furto, purché chi lo commetteva non tentasse di occultare la propria azione.

Il nostro attuale sistema giudiziario fa distinzione tra omicidio doloso, che consiste nel provocare volontariamente la morte di un’altra persona, e colposo, quando la si determina per colpa o inadempienza. Da parte loro, i vichinghi si limitavano a condannare gli incendi dolosi e gli omicidi commessi con il favore delle tenebre, entrambi colpevoli di non offrire alle vittime l’opportunità di difendersi.

La vendetta era prevista al punto da essere regolamentata da apposite leggi: «Se qualcuno ha commesso un’ingiustizia nei tuoi confronti, quali un atto di violenza o un insulto, hai diritto a un risarcimento economico. Ma non più di tre volte e unicamente se tu abbia provveduto a difenderti2». Per assurdo, se la vittima non si fosse vendicata avrebbe perso il diritto a ogni risarcimento.

Ma come facciamo a sapere tutte queste cose, se in merito i vichinghi lasciarono scarsa o nessuna informazione scritta? Principalmente grazie a codici medievali basati proprio su queste leggi e alla Edda poetica, che fu trascritta alla fine del XIII sec. a partire dai componimenti orali tramandatisi nel corso dei secoli.

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